Il menù delle feste di Natale in Liguria

Da sempre, il 25 dicembre, nelle case e nei ristoranti della Liguria si prepara un pantagruelico pranzo. Ecco Il menù delle feste di Natale in Liguria

Se decidi di trascorrere le vacanze di Natale a Genova e in Liguria, devi sapere che del clima di festa fa certamente parte la gastronomia. Tradizionalisti da sempre, i Liguri hanno alcuni punti fermi che riguardano le feste comandate e alcune ricette da cui non si può prescindere. Se ti capita, leggi la celebre poesia di Nicolò Bacigalupo, poeta genovese, sul pranzo natalizio dei genovesi: segnala una lunga lista di cibi, tra cui i “maccaroin de Natale in broddo”, il “Cappon boggîo”. Di gran moda erano e sono tuttora le celebri lattughe pin-ne. In certe case, nella maggior parte, il menù era più modesto. Oltre ai natalini (più lunghi e spessi di quelli oggi in commercio) in brodo di cappone, devi assaggiare i ravioli al tocco (u’ toccu in dialetto genovese), il tacchino arrosto (bibbin a rosto) e le radici di Chiavari, lunghe e amare considerate una sorta di rimedio contro tutti i cibi grassi ingeriti. E poi il Cappon Magro, sontuoso piatto a base di pesce che si prepara alla vigilia di Natale ma che potrai gustare nei migliori locali praticamente durante tutte le feste fino all’Epifania. Fortunatamente, scoprirai che molte di queste ricette sono state riprese dai ristoranti più famosi, che da qualche anno propongono il pranzo natalizio incontrando sempre maggior fortuna.

I Ravioli al tocco

Ravioli al tocco

I ravioli genovesi sono caratterizzati da una pasta tirata in un modo così sottile che si intravede il ripieno misto di carne e verdura. Vengono conditi con il il tocco, u’ tuccu, il famoso, gustoso e succulento sugo di carne alla genovese che non va confuso con il classico ragù perché non viene preparato con il macinato ma con un pezzo di carne intera, appunto “u toccu” in dialetto, lasciato cuocere lentamente nel sugo di pomodoro fino a disfarsi. Un piatto magnifico per tutte le occasioni, in particolare per le feste natalizie.

Sua maestà il Cappon Magro

Cappon Magro, (foto: Ivano Anfossi)
Cappon Magro, (foto: Ivano Anfossi)

Già nei secoli scorsi il Cappon Magro era il piatto con cui le famiglie nobili genovesi rispettavano il precetto dell’astinenza dalla carne, previsto dalle indicazioni della religione cattolica, potendo comunque gustarsi una pietanza davvero saporita. Oggi, se vuoi il massimo a tavola, nei ristoranti di tutta la Liguria troverai questo piatto al primo posto tra i must natalizi. Ti sorprenderà la bellezza della composizione, molto spesso barocca e lasciata alla creatività dello chef. Come altrettanti doni per il palato, ti delizieranno con il loro equilibrio il pesce cappone o l’orata, il mosciame, i bianchetti, gli scampi o i gamberi, l’aragosta e come optional anche le ostriche. Ma la sorpresa è il tocco terroir, perché aprendo lo scrigno di questo tesoro gastronomico troverai fagiolini, zucchini, scorzonera, carote, patate, barbabietola, cavolfiore, in un mare gustoso in cui l’olio extra vergine di oliva si esalta con la celebre salsa verde a base di prezzemolo, pinoli, capperi, acciughe salate, uova sode, mollica di pane, olive e aglio.

La Cima alla genovese

Cima genovese
Cima genovese

Poetica e antica, ricercata e gustosa, la Cima alla genovese è un piatto difficile da fare ma splendido da mangiare.
È un simbolo della gastronomia genovese, un piatto che racconta il carattere e la cultura ligure a tavola. Tutto rappresentato da un pezzo di carne di pancia di vitello, cucita con ago e spago a forma di tasca e riempita con una farcia di uova, verdure, formaggio e animelle. Bollita e servita a fette tradizionalmente per il giorno di Natale, è oramai un piatto diffuso in tutto il territorio ligure e consumato durante tutto l’anno.

Pandolce, quando “lievita” il Natale

pandolce genovese
Pandolce-genovese

Più che una tradizione, gustando il Pandolce genovese ti sembrerà di sventolare una bandiera gastronomica: simbolo di Genova come la Lanterna. E come la Lanterna è rimasto uguale a sé stesso per tanti secoli: lievitazione naturale, frutti canditi scelti tra i migliori prodotti, uvetta di Smirne, pinoli di Pisa. Semplice nella sua preparazione e allo stesso tempo ricco per gli ingredienti, quando lo assaggi devi ricordare che fino al secolo scorso veniva molto spesso preparato nelle case e i genovesi, generazione dopo generazione, tramandavano la ricetta di famiglia: con o senza le noci, con i pinoli, con un tipo di candito al posto di un altro, in ogni casa c’era un dolce diverso. Tramandato era anche il “lievito madre”, ingrediente indispensabile per far crescere il pandolce. Oggi i tempi sono cambiati, ma la tradizione resta ben viva. Puoi acquistare il pandolce nelle pasticcerie e nei forni.

La spongata a levante

Spungata di Sarzana
Spungata di Sarzana

Se ti capita di passare in provincia della Spezia, tra la città, le Cinque Terre e il sarzanese, scoprirai questo antichissimo dolce si dice che la preparassero già i romani (sponga) e poi gli etruschi. Il nome “spongata” deriva probabilmente da spongia, spugna, per l’aspetto spugnoso e irregolare della sua superficie, ovvero una particolare frolla (alcuni utilizzano anche la pasta brisée) con del vino o liquore all’interno. Della spongata ci sono diverse varianti: c’è chi mette marmellata di mele cotogne, chi quella di fichi, chi solo miele, io ho utilizzato la confettura di fichi. Per saperne di più, siamo andati alla Pasticceria Gemmi di Sarzana.

La cubaita a ponente

Cubaita
Cubaita

Se hai scelto la mite e bellissima Riviera dei Fiori per una vacanza natalizia, non dimenticare di assaggiare la cubaita, dolce tipico di Triora e Isolabona, ma presente un po’ in tutta la provincia di Imperia. La Cubaita una sorta di torrone ed è il dolce delle feste di tutti grazie ai suoi ingredienti, disponibili o facilmente reperibili nell’ambiente agropastorale delle nostre vallate. La ricetta della Cubaita è semplice: due ostie racchiudono al loro interno un ripieno di nocciole, noci, mandorle in proporzione variabile all’altitudine del paese. Il tutto è tenuto assieme dal miele che era il dolcificante a portata di tutti, a differenza dello zucchero che poteva essere acquistato solo dai più abbienti.