L’oro di Taggia
L’oro di Taggia e della Valle Argentina non si trova nei torrenti o nel sottosuolo. Pende dagli alberi in autunno: sono le olive sono il vero tesoro di queste zone.
In Valle Argentina l’olivo è sacro dai tempi dei monaci benedettini, che crearono quella che è oggi la “cultivar taggiasca”: un’oliva dal gusto inconfondibile. Se andrai sulle colline attorno a Taggia – e in tutta la provincia di Imperia, ricche di uliveti – tra ottobre e gennaio, le vedrai colorate di reti, stese per raccogliere fino all’ultima oliva. Raccogliere le olive è un’esperienza che ha qualcosa di religioso. Un richiamo ancestrale, come la vendemmia, da svolgere in autunno. Si va con tutta la famiglia, si reclutano amici e parenti.
Vedrai tanta gente tra gli ulivi con bastoni, rastrelli di grandi e piccole dimensioni per quando le olive non sono troppo mature e non vengono giù da sole. Scuotono e sbattono i rami per far cadere le olive sulle reti colorate. Un tempo, prima dell’invenzione del nylon, arrivavano donne dal basso Piemonte a raccogliere le olive a mano: erano le “sciascieline”.
Dalle reti le olive passano in sacchi di iuta, come quelli del caffè. L’indomani le olive verranno “frante” da due grandi ruote di pietra in frantoio e poi messe negli “spurtin”, speciali ciambelle di canapa, che verranno messe sotto la pressa. Assaggia l’olio appena franto: è verde di clorofilla, ancora selvatico, ma già pronto per essere gustato su una fetta di pane di Triora. Un’esplosione di sapori e profumi da non perdere.