U pan du mâ. La storia delle acciughe di Monterosso
Ci siamo fatti raccontare le acciughe di Monterosso da chi le conosce molto bene Arriva da lontano “u pan du mâ”, il pane del mare: a inizio primavera le acciughe entrano dallo stretto di Gibilterra, a maggio sono sulle coste francesi e solo verso giugno si affacciano nel Ponente Ligure. A Monterosso, a levante, il giorno magico è quello di San Pietro, il 29 giugno. Quest’anno la Sagra dell’acciuga fritta di Monterosso sarà più o meno in quei giorni, il 25 giugno 2022. Da non perdere. È così chiamano da sempre le acciughe da queste parti, “u pan du mâ”. Facile comprendere il perché: per la loro abbondanza, per la varietà di ricette e la possibilità di conservazione un tempo erano davvero il “pane del mare”: potevano sfamare la gente di tutta la costa ligure e dei borghi delle Cinque Terre. Oggi le cose sono un po’ diverse: il pesce è diminuito, alle Cinque Terre è nata l’area marina protetta, la pesca è cambiata, ma il pane dal mare è sempre qualcosa di prelibato. “La pesca delle acciughe è cambiata molto negli ultimi anni. Oggi i costi non sostenibili per le piccole imbarcazioni come la mia. Occorre avere pescherecci molto grandi, non inferiori a 15 metri e attrezzature come i sonar che sono in grado di rilevare la presenza dei banchi per seguirli. Si fanno spostamenti anche importanti seguendo le acciughe, un giorno a Genova, l’altro a Piombino oppure a Sestri Levante. “Sì, sono attirate dalla luce, forse per il fatto che il plancton di cui si cibano è fosforescente. Così si ingannano e le lampade le attirano. A volte le si vede “fare il pallone” (cioè raggrupparsi e salire verso la superficie) non solo per i predatori, ma anche per la luna piena. Quello in uso oggi non è che l’evoluzione della lampara, il sistema che si è sempre usato per la pesca delle acciughe, montata su barche più piccole e maneggevoli sotto cui poi veniva chiuso un sacco per raccogliere il pesce. Si pescava nel cuore della notte. Un tempo era l’esperienza a guidare i pescatori, oggi sono gli strumenti, c’è meno poesia ma le barche sono più grandi, hanno anche due o tre luci e fanno anche due calate. L’importante era che al primo raggio di luce del sole tutto il pesce fosse già a bordo. Ancora oggi è così”. “Sì, io amo la pesca fin da bambino e oggi non pesco più acciughe per professione, a pratico un altro tipo di pesca, più sostenibile, quella con il tremaglio, una rete costituita da tre pareti, una centrale e tre esterne che serve per pescare pesci in movimento sul fondo del mare: corvine, polpi, seppie, oppure mormore, saraghi, orate a seconda della stagione. Ho una barchetta piccola piccola: quando esco in mare a pescare la vita mi sorride.
Se, però, il mare non è più generoso come un tempo, c’è ancora chi conosce i segreti di questi pesci azzurrissimi e continua a raccontarli, non solo facendoli assaggiare, ma permettendo di vivere l’esperienza vera e propria della pesca. Guido Galletti è un pescatore di Corniglia, ha 55 anni e da sempre, fin da ragazzo, ha dedicato la sua vita alla pesca. Basta guardarlo: le foto lo ritraggono sempre indaffarato nella sua barchetta, tra reti, timoni e palamiti, e sì, ha un solco sul viso, come una specie di sorriso.
È un mestiere duro, si parte alla sera, si lavora tutta la notte e si ritorna con le prime luci dell’alba o il mattino successivo.”Come si pescano le acciughe oggi?
Perché le acciughe come altri pesci sono attirate dalla luce. È questo che le inganna. E che fa la nostra fortuna…
Lampade per la pesca notturna
Molti confondono acciughe e sardine. Ma che differenza c’è tra loro?
Acciughe
Un tempo era più facile pescare le acciughe?
A Monterosso la pesca era l’attività principale e ancora negli anni ’80 c’era una grande cooperativa di pescatori, la Monterossina e un laboratorio per la salagione. Quando ero bambino le donne passavano in paese a vendere le acciughe, con il cesto sulla testa. Vendevano e salavano, vendevano e salavano: tra un cliente e l’altro preparavano un’arbanella di vetro piena di acciughe sotto sale che a loro volta poi vendevano. Arrivavano più o meno tutte da Monterosso, ogni paese aveva la sua donnina, a Corniglia c’era la Lina, che acquistava le acciughe dai pescatori di Monterosso e poi con tre o quattro ceste d’acciughe sulla testa si spostava in treno per le Cinque Terre per vendere il pesce”.Ma la pesca oggi non smette di essere un ottimo volano per il turismo…
Da poco ho aperto un ittururismo a Corniglia, si chiama “SP4488”, un progetto per pescare meno e pescare meglio, valorizzando con il cibo quel poco di pesce che il mare è ancora in grado di darci e le verdure che riusciamo a coltivare. Tra poco partirò anche con il pescaturismo, coinvolgendo chi vuole nell’esperienza diretta della pesca usando il palamito, le nasse e altri sistemi sostenibili. “SP4488” è la matricola della mia barca. Per me non c’è di meglio come antidepressivo”.SP4488 cucina e storie di mare a Corniglia
Giido Galletti