Felis – Gatto sarvægo. Storia del più schivo dei liguri
È più il schivo dei liguri. Ma due fotografi ne hanno documentato l’esistenza (senza disturbarlo). L’intervista a Paolo Rossi
Il bello della Liguria è che sa sempre come sorprenderti.
Ad esempio con i suoi contrasti: ci sono luoghi gettonati, affollatissimi, posti “social”, come la Piazzetta a Portofino o via Matteotti a Sanremo durante il Festival e anche posti remoti, solitari, in cui si corre il rischio (o la fortuna, dipende) di non incontrare Sapiens per giorni, forse per settimane.
Luoghi spesso nell’entroterra, dimenticati dalla contemporaneità, posti “sarvæghi”, ossia “selvatici” come li chiamano i vecchi nel loro dialetto. Ed è qui, spesso, che lo stupore, forse, arriva al culmine.
Paolo Rossi è un fotografo di lupi e quindi pratico di luoghi “sarvæghi”: è stato tra i primi a seguire il ritorno del lupo nel nord Italia, per anni ha battuto le valli e i monti di Alpi e Appennini liguri appostandosi per ore nel gelo per fotografare i lupi nel loro ambiente naturale. Sempre usando un bel teleobiettivo: il lupo s’accorge subito dell’uomo, è il suo antagoista naturale, preferisce rimanerne il più lontano possibile.
Ne sono nati due fortunatissimi libri fotografici che hanno documentato il ritorno di questo grande predatore nelle zone che l’uomo ha abbandonato e l’instaurarsi di un rapporto, a volte di convivenza, a volte di conflitto, con la nostra specie.
Ora Paolo Rossi, assieme a Nicola Rebora, altro fotografo grande esperto di luoghi selvatici, ci danno un’altra notizia straordinaria: da qualche parte, sui monti liguri, vive uno degli animali più elusivi che si conoscano, il gatto selvatico europeo, (Felis silvestris silvestris).
Che sia schivo è dir poco. È più schivo dei liguri più asociali. Non vi inviterà a cena nemmeno dopo 30 anni di sopportazione. È così difficile incontrarlo che qualcuno ha pensato che fosse estinto, o che non esistesse. Tanto che hanno cominciato a chiamarlo “il fantasma dei boschi”.
Ora invece sappiamo che c’è, solo che è semplicemente sfuggito a noi. Sopravvissuto all’homo sapiens.
Paolo, com’è questo gatto selvatico? (Casomai qualcuno riuscisse a incontrarlo)
“A prima vista assomiglia molto al gatto di casa, in realtà ha tratti assolutamente diversi e inconfondibili, come il suo mantello grigio che ha però disegno e colori diversi dal gatto comune e in particolare lo si distingue dalla coda, che presenta due o tre anelli neri chiaramente visibili. Si ciba di piccoli roditori, arvicole, ghiri che caccia come sanno fare tutti i felini”.
Come siete arrivati a lui? Chi è? C’è sempre stato oppure è tornato come il lupo?
“Per anni il gatto selvatico ha ingannato tutti, anche gli accademici più accaniti… Per noi era una vera sfida. Pensare di fotografarlo appostandosi come per il lupo era essere sconfitti in partenza. A differenza del lupo che si muove in branco e segna il territorio, il gatto selvatico lascia pochissimi segni. Lo abbiamo ripreso grazie alle fototrappole, dispositivi elettronici che si attivano al passaggio dell’animale e non lo disturbano. Li abbiamo usati anche per il lupo e la fauna selvatica in generale. La prime volte non credevo ai miei occhi, poi un ricercatore molto esperto, Stefano Anile, ci ha confermato che si trattava di un gatto selvatico a tutti gli effetti. Difficile dire quanti sono. Si può solo fare le stima di una densità di popolazione di 10 soggetti su 100 km quadrati.
In che zone si sono concentrate le vostre ricerche?
“La fototrappola fa tutto da sola, ma non bisogna pensare che il compito sia più semplice: bisogna scegliere bene i luoghi dove metterla per “catturare” una immagine del gatto selvatico. A volte abbiamo camminato per 5 – 6 ore nei boschi per posizionarle e altrettante per recuperarle, senza sapere quello che potevamo trovarci dentro. Abbiamo scelto zone dell’Appennino ligure sopra i 900 m di quota, in alta val Trebbia e in Val Borbera, luoghi che l’uomo nel ‘900 ha progressivamente abbandonato”.
Cosa ne è nato?
Ne è nato un libro, “FELIS – Gatto sarvægo”, Grafica KC edizioni, il primo libro fotografico sul gatto selvatico europeo in Liguria in vendita su http://www.paorossi.it e alla libreria Amico Ritrovato di Genova. Sul Gatto selvatico c’è anche un film, realizzato in tre anni con fondi risicati e un crowfunding dal basso e grazie sostenitori come Fondazione Capellino, ma che ha riscosso un ottimo successo in festival importanti come Sondrio Festival 2020, il VIII Festival La Lanterna (2022) dove ha ottenuto il premio come migliore documentario in concorso e il FIIN www.fiin.pt (Portogallo 2022). Su http://www.paorossi.it/film c’è la versione integrale.
Un altro libro è in lavorazione, sempre con un crowfunding al link: https://www.produzionidalbasso.com