Olmo. Alle radici della Milano-Sanremo
La storia di Gepìn Olmo, che vinse due volte la Classicissima e fondò la famosa fabbrica di biciclette In Liguria ognuno ha la sua Milano – Sanremo. Tra le tante Milano – Sanremo ce n’è una che ha una storia tutta ligure e va oltre i nomi scolpiti nell’albo d’oro della gara: quella di Giuseppe Olmo. Sì, Olmo, proprio lui, quello delle biciclette: chi non ha mai avuto una bicicletta Olmo? Per molti in Liguria è stato il regalo della Prima Comunione, altri ci hanno fatto le prime pedalate, alcuni le prime gare; per tutti, la “Olmo” è la bicicletta in Liguria. Giuseppe Olmo fu non solo un grande imprenditore, prima fu anche un grande campione: vinse due Milano-Sanremo, nel 1935 e 1938, ben venti tappe al Giro d’Italia e un titolo olimpico. “Erano quattro fratelli, Giuseppe, “Gepin” era dell’1911 ed era il penultimo, mentre mio padre Michele, nato nel 1914, era l’ultimo, poi c’erano Franco e Giovanni. Giuseppe da subito dimostrò una grande passione per la bici. Appena poteva pedalava e andava forte. A quei tempi molti professionisti venivano a svernare in Liguria. Un giorno Gepìn affianca due ciclisti in volata: erano Girardengo e Olivieri che s’allenavano a Varazze. Olivieri, che poi divenne un bravissimo massaggiatore, vide subito i numeri di Gepìn e chiese alla mia famiglia di affidarglielo per farne un campione. E così fu”. Par di capire che in Gepìn Olmo c’erano i numeri del campione ma anche l’intelligenza e il senso pratico di un ligure in quegli anni… “Nelle mani di Oliveri, il piccolo Giuseppe crebbe, fino a vincere gare sempre più importanti, fino a conquistare due volte la Classicissima, alcune tappe al Giro e a fare il record dell’ora, in anni in cui era dura essere campioni, con avversari del calibro di Learco Guerra, Binda, Bartali, il futuro Fausto Coppi (che era del 1919, 8 anni più giovane) e molti altri. Ma Gepìn, mentre correva, già guardava avanti, pensava al futuro. Sapeva che la passione per la bicicletta non si sarebbe fermata con le corse. Ma veniamo agli aneddoti, alle storie della Milano – Sanremo… “Delle due che ha vinto, quella del ’38 fu eccezionale, corsa a una velocità altissima, 39 km/h di media, tanto che la mia famiglia destinò un premio per chi avesse battuto il tempo di Gepìn. Quel record venne battuto nientemeno che da Coppi nel 1949 e Fausto Coppi stesso venne a Celle per ritirarlo. Potete immaginare che evento fu per Celle Ligure: Fausto Coppi ai tempi era una vera star, tutto il paese era in visibilio per lui, tutti volevano vederlo da vicino. “La Sanremo, sportivi, è una corsa più una seconda corsa. La prima va da Milano a Voltri. La seconda è in Riviera: strade belle, ma serpeggianti tutte gobbe e altalene, e una marea di vetture, e siepi di folla, e passaggi a livello…” (Da Mio fratello Gepìn, a Cura di Carlo Delfino). Gepìn Olmo era un ottimo passista veloce, trionfò anche al record dell’ora, una prova in solitaria in velodromo, massacrante psicologicamente e fisicamente … “Si… fu il primo a superare i 45 km all’ora (45.090 km in un’ora). Andò a correrlo al velodromo Vigorelli di Milano senza preparazione: era una giornata umida, aveva piovuto, tanto che dovettero cospargere di benzina la pista e incendiarla per asciugarle. Ma per Gepìn fu un successo. In pista era un vero asso, vinse gare ad inseguimento e alcune famose “Sei giorni”.” Dove si allenava Giuseppe Olmo? “Il suo giro classico era il “Giro d’Acqui”: da Celle Ligure ad Albisola, su per il passo del Giovo per poi tornare da Sassello a Celle, proprio le strade su cui passerà la Sanremo quest’anno. Noi per anni abbiamo organizzato una cicloturistica, la Celle – Montecarlo e le Granfondo agonistiche dedicata a Gepìn Olmo, una fuoristrada e una su strada”. Ma Olmo non ha vinto la Milano – Sanremo solo con Gepìn, anche parecchi prof del pedale hanno partecipato alla corsa e l’hanno vinta con una bicicletta Olmo. Come si vince una gara di questo tipo? “È una gara lunga, bisogna essere intelligenti e privilegiare il fondo. Come Pierino Gavazzi che vinse nel 1980 per la Magniflex – Olmo. Ottimo velocista, Gavazzi nell’80 non era più all’apice della carriera, aveva perso velocità ma aveva guadagnato in resistenza e arrivò alla volata più brillante, trionfando su Saronni, Raas e Moser. Del resto, Miguel Poblet, uno dei più grandi corridori spagnoli, che vinse due volte la Classicissima e poi, finito di correre fu nostro distributore in Spagna, diceva che bisogna disinteressarsi alla corsa nella prima parte della gara. La corsa per lui cominciava poco prima del Passo del Turchino ed entrava nel vivo gli ultimi 50 km dove bisognava dare tutto. Ma già Girardengo diceva che bisogna essere intelligenti e dosare il proprio fisico per arrivare a vincere”. Com’è questa Italia che sta riscoprendo la bicicletta? E la Liguria ? “L’Italia ha sempre avuto una grande industria ciclistica, ma mancava la mentalità, c’era ancora l’idea neorealista di “Ladri di biciclette”: chi va in bici lo fa perché è povero. Ma oggi ci stiamo affrancando dall’automobile come status, come unico modo di spostarsi. Con la tecnologia e le bici elettriche c’è la possibilità per tutti di spostarsi in bicicletta, indipendentemente dall’età, dal sesso e dal portafogli.
C’è chi preferisce la grande fuga di Fausto Coppi, nel 1946, con la famosa cronaca di Niccolò Carosio: “Primo classificato Coppi, in attesa del secondo, trasmettiamo musica da ballo”. Oppure c’è chi ama vincere “facile” e scegliere una delle sette di Eddy Merckx. O chi ama la sparata di Saronni del 1983, la picchiata di Moser nell’84, l’arrivo folle di Chiappucci nel 1991 o quella vinta dal ligure Mirko Celestino nel 2003.
La Classicissima, la Milano – Sanremo, è qualcosa di più che una gara ciclistica. Ognuno in Riviera ci collega qualcosa di speciale: nascite, matrimoni, lauree, e, nel 2020, anche il Ferragosto. Non è difficile immaginarlo per una manifestazione che, dal 1906, solo la seconda guerra è riuscita a fermare nel ‘44 – ‘45 e che, forse, soltanto il Festival può sfidare quanto a memoria collettiva.
Per conoscere meglio la storia di Giuseppe Olmo, siamo andati a parlare con Paolo Olmo, nipote del fondatore e del grande campione, suo attuale erede nella direzione dell’azienda.
Smise presto di correre, nel ’38 a 27 anni, le ultime corse le fece nel ’41, quando aveva solo 30 anni. Quando vinse la seconda Milano – Sanremo, nel 1939, dalla fabbrica di Celle uscivano già le prime bici. Poi fece ancora qualche riunione da pistard, ma ormai la sua vita aveva preso la direzione dell’imprenditoria, prima nel campo delle biciclette e poi anche nella produzione di pneumatici, tubolari e polimeri plastici”.
Abbiamo parlato di Coppi, non possiamo non parlare di Bartali. All’altra Milano – Sanremo vinta da Gepìn, quella del 1935, Bartali era in fuga. Dopo Capo Berta, a pochi chilometri dal traguardo, il grande toscano ebbe problemi con il cambio e fu raggiunto. Ma Ginettaccio non accettava che avessero colmato il suo vantaggio – sapete com’era, “Gli è tutto da rifare!” – era sicuro che il gruppetto di Olmo avesse approfittato della scia di qualche auto. La questione rimase sospesa per cinquant’anni, fino alla cerimonia per il cinquantesimo anniversario dell’avventura industriale di Gepìn Olmo a cui era stato invitato proprio Gino Bartali. In quella occasione, Gepìn ammise che in quella Sanremo qualcuno aveva preso qualche scia di troppo e Bartali, commosso, l’abbracciò.”
La Liguria in realtà è sempre stata una terra per biciclette. Quello che non abbiamo, anche per questioni di spazio, sono strade sicure e ciclabili per tutti. Dove sono state fatte le piste ciclabili, come a Sanremo, ne ha beneficiato l’economia tutta, non solo il turismo. Bisogna trovare delle soluzioni che permettano la convivenza di tutti gli utilizzatori della strada.”