Luca Porro: il talento della pallavolo genovese debutta a Parigi

Da Genova con furore, il giovanissimo schiacciatore genovese Luca Porro è carico in vista delle prossime Olimpiadi di Parigi 2024, le prime di una carriera che promette di essere ricca di soddisfazioni

Essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro disse una volta un certo Bob Dylan e, a pensarci un po’ su, essere in grado di continuare a sognare e lottare per raggiungere il proprio obiettivo nonostante le difficoltà e gli “incidenti” di percorso è un’abilità spesso legata alla gioventù. Da giovani, tuttavia, non è sempre facile tenere duro dopo una sconfitta o rimanere fedeli a sé stessi dopo un grande successo.

Cresciuto in una famiglia di sportivi e abituato, sin da piccolo, ad assorbire i valori più sani dello sport, Luca Porro è sicuramente un esempio positivo per tutti i giovani che praticano sport, e non solo. Caratterizzato da un mix vincente di ambizioni e principi ben saldi, questo talentuoso pallavolista della Pallavolo Padova, legato profondamente alla sua amata Genova, è quindi tra gli osservati speciali degli imminenti Giochi Olimpici 2024.

Cosa rappresenta per te questo debutto olimpico?

Ho sempre pensato che le Olimpiadi fossero il sogno di ogni atleta e che soprattutto nella pallavolo rappresentino la competizione più importante di tutte, addirittura anche più di un mondiale. Per questo, poter rappresentare il mio paese ai Giochi Olimpici è per me il coronamento di un sogno. Che dire ancora, non vedo l’ora di iniziare!

Cosa vuol dire per te rappresentare l’Italia, Genova e la Liguria a livello internazionale?

Significa tanto per me perché sono molto legato alla mia terra. La Liguria, e in particolare Genova, mi mancano sempre tanto e quando riesco ritorno con piacere per trovare i miei cari, tra cui mio nonno, e rivedere alcuni dei luoghi a cui sono più affezionato. Ricordo infatti i palazzetti in cui mi allenavo e giocavo da piccolo.

Cos’è per te la pallavolo e come l’hai scoperta?

Ho iniziato da piccolissimo ma non saprei dirti precisamente a che età. Entrambi i miei genitori giocavano, mio padre quasi fino ai quarant’anni, per cui io e mio fratello siamo stati abituati fin da piccoli a seguire la pallavolo. Con il tempo ci siamo poi appassionati e innamorati di questo sport, pur avendone provati tanti altri grazie alla massima libertà di scelta e al supporto dei nostri genitori.

Qual è il ricordo più dolce dei tuoi primi passi nel mondo della pallavolo?

Ricordo con piacere i tornei di minivolley a cui andavo da piccolo con mia mamma, con nostra zia o con qualche altro parente.

Qual è stato il momento più bello della tua carriera finora?

I momenti più belli finora sono forse quelli legati all’esordio con la nazionale maggiore. Sto vivendo un periodo molto felice, forse il più bello della mia vira, costellato da tante nuove esperienze.

E quello più difficile? Come sei riuscito a superarlo?

Fortunatamente non ho mai vissuto momenti tanto complicati da farmi mettere in dubbio la pallavolo. Essendo un ragazzo giovane sono però consapevole che infortuni e difficoltà possono capitare durante la carriera di un atleta. Sicuramente il momento un po’ più triste della mia carriera pallavolistica è stato l’estate scorsa, quando un’infezione allo stomaco mi ha costretto a saltare il mondiale giovanile. Grazie all’aiuto dei miei genitori e della mia ragazza sono però riuscito a superare quel momento e a ripartire da zero, mentalmente e fisicamente, dopo questo stop.

Qual è il tuo punto di forza in campo e fuori?

Forse il mio punto di forza dal punto di vista del carattere è il cercare di dare sempre il massimo. Sono inoltre una persona che difficilmente non va d’accordo con un compagno di squadra e penso che questo aspetto sia molto importante in uno sport come la pallavolo. Sicuramente in campo dovrò migliorare molte cose dal punto di vista tecnico per continuare a crescere e fare qualche altro step in avanti. Ad ogni modo, sono nuovo in questo ambiente e restarci sarebbe bello, ma per farlo devo lavorare sodo!

E quale invece un aspetto su cui devi ancora lavorare?

Forse qualche volta mi innervosisco un po’ troppo, soprattutto quando c’è qualcosa che non va a livello personale o in campo. Dovrei rimanere più tranquillo, anche se cerco sempre di non trasmettere il mio nervosismo agli altri componenti della squadra. Per quanto resti una “cosa con me stesso”, se sei agitato in campo anche gli altri potrebbero risentirne.

Qual è il tuo sogno più grande (sportivo ed extra campo)?

Il mio sogno più grande è forse riuscire a raggiungere e mantenere una stabilità, riuscendo a stare bene al mondo con me stesso e potendo sempre contare su una famiglia solida come la mia adesso. Dal punto di vista della mia carriera sportiva, sogno invece di vincere il più possibile e di lasciare il segno.

Pensi che il successo possa cambiarti?

No, perché sono molto legato ai miei amici e ai miei cari e soprattutto perché ho la fortuna di avere una famiglia di sportivi che conoscono le esigenze e le potenziali problematiche di un atleta. Questo mi permette infatti di rimanere sempre con i piedi per terra, sentendomi supportato in ogni momento. Fortunatamente i miei genitori non sono come quelli che spingono i propri figli ad essere i migliori ad ogni costo.

Cosa consiglieresti ad un giovanissimo che si sta affacciando adesso alla pallavolo e sogna di seguire il tuo esempio?

Sicuramente gli direi di dare sempre il massimo e di non smettere mai di divertirsi. Sono dell’idea che, dando tutto soprattutto in campo, dagli allenamenti alle partite, ci si diverte automaticamente, anche in caso di sconfitta. Per quanto nessun atleta e sportivo ami perdere, quando esco dal campo dopo aver dato il massimo mi sento soddisfatto e divertito a prescindere dal risultato.