Sulle orme di Cechov
Genova e dintorni
Fu una visita veloce e ancora in buona parte da indagare, quella che Anton Cechov fece a Genova nel 1894. Il grande drammaturgo russo aveva allora 34 anni e quell’incontro con la città divenne immortale due anni più tardi, nel 1896, quando Cechov diede alle stampe “Il Gabbiano”, destinata a diventare un’opera principe nella sua produzione. È tra le righe che uno dei personaggi, Dorn, rispondendo a una domanda su quale sia la città più bella del mondo, risponde “Genova”, spiegando che qui «c'è una meravigliosa folla nelle sue strade. Quando esci, la sera, dall'albergo, sono tutte gremite di gente. Ti muovi in mezzo alla folla senza una mèta, su e giù, a zig-zag, vivi della sua vita, ti fondi con essa psichicamente e cominci a credere che in realtà sia possibile un'unica anima universale».
Da Principe a via San Lorenzo
Come tanti viaggiatori dell’epoca, Cechov scese alla stazione di Genova Principe e da qui molto probabilmente percorse via Balbi, via Cairoli e via Garibaldi, ovvero le cosiddette Strade Nuove e Nuovissime, dove si trovano i Palazzi dei Rolli. Ma certamente percorse anche via San Lorenzo, affascinato dalla cattedrale e dal brulicare delle vie.
Verso il cimitero di Staglieno
Si sa poco di quel viaggio, ma sembra che Cechov visitò il cimitero monumentale di Staglieno, che già alla fine dell’Ottocento era una meta per i viaggiatori che arrivavano a Genova. Staglieno è un importante e immenso cimitero monumentale, che ti consigliamo di visitare con gli occhi dei poeti e seguendo un itinerario evocativo che, alla stregua dei grand tour quando poeti e letterati come Mark Twain o personaggi illustri come la Principessa Sissi che si recarono a Staglieno.
I parchi di Nervi
Molti Russi soggiornavano nella “Pension Russe”, l’albergo che faceva, a cavallo tra Otto e Novecento, da punto di riferimento per i turisti che arrivavano dal Paese dell’Est. L’hotel oggi non c’è più, ma si sa che si trovava a due passi dai parchi e dalla passeggiata a mare Anita Garibaldi. Dentro i parchi, sul grande prato non lontano dal museo della collezione Wolfsoniana (che consigliamo di vedere), è stato piantato un ciliegio, albero che ricorda la presenza di Cechov.