Tradizioni della notte di Natale in Liguria
Miti, tradizioni e superstizioni della notte di Natale in Liguria la più magica dell’anno
La notte del 24 dicembre, la vigilia di Natale, è una delle notti più magiche dell’anno, assieme a Capodanno, all’Epifania, alla vigila del Primo Maggio e a quella precedente il giorno di San Giovanni Battista (24 giugno). Se vuoi sapere il menu delle feste di Natale in Liguria clicca qui. Ecco di seguito invece un po’ di curiosità su questo particolare momento dell’anno.
Questo testo è tratto da “Il cerchio del tempo. Le tradizioni popolari dei liguri” di Paolo Giardelli, Sagep 1992
Nella notte di Natale sembrano avvicinarsi le sfere del sacro e della vita quotidiana e tutto viene vissuto con un senso di attesa e speranza, tutto assume un significato particolare.
Da sempre si crede che il tempo, in questo momento dell’anno, si sospenda, si alleggerisca, in attesa dell’irruzione divina nel mondo. In realtà questo fa parte della concezione celtica del tempo che è giunta fino a noi: la notte è la gestazione di ciò che poi avverrà durante il giorno: la vita.
Un momenti speciale per bambini e animali
I bambini, che rappresentano di per sé il futuro, vengono omaggiati di doni: nella Liguria orientale ponevano emozionati un piatto sul davanzale della finestra: uno spirito bianco dalle ali d’oro sarebbe sceso a deporvi dolci, noci e susine.
Gli animali, ad esempio, sarebbero in grado di avvertire questo clima, percependo gli spiriti soprannaturali nell’aria: ai loro comportamenti ci si riferiva per i segnali dell’arrivo del futuro rivelatore. Agli animali si rivolgeva una particolare attenzione: si pulivano le stalle con la scopa abitualmente usata in casa, che poi veniva destinata a quell’uso e sostituita in casa con una nuova. Si cambiava alle bestie il giaciglio con nuove foglie di castagno e addirittura in Val di Vara e in Val Fontanabuona era usanza far assaggiare agli animali le pietanze del cenone natalizio.
L’arrivo del Bambinello
Gesù, come sappiamo, nacque tra un bue ed un asinello, ma ciò nel Vangelo non si trova. Deriva infatti da un errore della traduzione dal greco (testualmente, il Bambinello si dice nacque “tra le due età” ma in greco antico i caratteri delle parole “età” e “animali” si assomigliano, inducendo molti in errore). Questo ha portato però a credenze popolari come quella che vede, allo scoccare della mezzanotte, Gesù Bambino visitare per prime le stalle: si credeva che il suo arrivo donasse per un momento la parola agli animali e che, questi, inginocchiati al suo cospetto, gli raccontassero tutte le sofferenze e i soprusi subiti durante l’anno dall’uomo. Impossibile però partecipare a quel colloquio: si verrebbe duramente puniti.
La magia della notte del 24 dicembre
Tutto, la notte del 24, s’impregna di forza e sacralità, anche il cibo del pranzo di Natale: pane e brodo in Val di Vara venivano conservati per guarire le malattie agli occhi del bestiame. Con il pane si curava anche il mal di gola ai bambini, avendo l’accortezza di metterlo sulla tavola il giorno di Natale, tagliarlo a forma di croce e non mangiarne nemmeno una briciola fino alla fine delle feste.
Della notte di Natale non si buttava via nulla: i carboni del fuoco del camino si credeva fossero efficaci contro le frane dopo molti giorni di pioggia; la farina usata per impastare, l’olio delle lampade in chiesa non potevano essere sprecati ma venivano riutilizzati. La notte della vigilia avrebbe anche effetti sulle sementi, generando frutta domestica e ottima.
Grande importanza ha l’acqua: sorgente di vita prima, in questo momento particolare avrebbe virtù eccezionali: una fanciulla che, allo scoccare di mezzanotte, attingesse acqua da una fontana o da un pozzo sarebbe fortunatissima perché avrebbe sposato un uomo ricco e sarebbe stata felice. L’affollarsi delle ragazze nubili alle fontane creava così non pochi liti e baruffe.
Se, però, durante la notte di Natale, sono potenti le forze del bene, altrettanto lo sarebbero quelle del male: quella notte, tradizionalmente, nascono i licantropi e solo il 24 dicembre, mediconi e stregoni potrebbero rivelare i loro segreti per guarire il malocchio, pena la perdita dei loro poteri.
In Val di Vara ci si difendeva dal malocchio mettendo del filo di refe filato al punto della mezzanotte nelle stalle, per farvi restare impigliato chi volesse fare il malocchio agli animali.
L’importanza degli astri
Il giorno del solstizio d’inverno, il più corto dell’anno (quest’anno il 21 dicembre) sarebbe, come quello di San Giovanni Battista, molto propizio alla raccolta delle erbe. Si raccoglieva l’elleboro, “l’erba Dragone”, efficace contro alcune malattie del bestiame, a Zignago e in Valfontanabuona, i fedeli portavano in chiesa l’erica racconta nel tragitto per andare in chiesa, poi appesa nella stalla per proteggere il bestiame.
Nella notte di Natale, come tutte quelle del ciclo dei dodici giorni (dalla notte del 24 dicembre a quella del 6 gennaio) e come quella di Ognissanti, i morti tornerebbero, inoltre, a visitare i luoghi della loro vita: per questo si lasciava per essi la tavola apparecchiata o si invitava un povero a cena credendo che ospitasse l’anima del defunto. Udire suonare le campane, lasciare il lumino e il ceppo acceso nel camino rappresentava un gesto di sicurezza e tranquillità.
Un grosso ceppo nel camino
Per una antica tradizione, si usava mettere un grosso ceppo nel focolare, che avrebbe continuato a bruciare dalla sera della vigilia di Natale, fino all’Epifania e a Capodanno. Il fuoco aveva in fatti, azione purificatoria e propizia. In Liguria, il ceppo privilegiato per la sua lunga durata nel camino è l’ulivo, arricchito con rami di ginepro, considerato propizio. Nel fuoco si gettava anche il primo boccone e il primo sorso di vino, analogamente a quanto si faceva per la commemorazione dei defunti. Si credeva che il ceppo proteggesse dai temporali: in Val di Vara si raccoglieva il carbone dal focolare il giorno di Natale per rimetterlo un poco sul fuoco tutte le sere fino all’anno nuovo. Il carbone era efficace anche contro alcune malattie degli animali. Alcuni vecchi erano anche in grado di trarre aruspici dal ceppo ardente o dai chicchi di grano lanciati nel focolare spento con una procedura, detta “u ziguà“: se il chicco saliva verso monte, il raccolto sarebbe stato abbondante, scarso in caso contrario. U ziguà proseguiva poi con i cereali e anche con le castagne, addirittura mese per mese.
Il falò della vigilia
Il falò del paese, acceso la vigilia di Natale era luogo di ritrovo e socialità. In valle Argentina, Nervia, Bevera e Roja, per la vigilia di Natale, si accendono grandi falò e fuochi che si vuole brucino per scaldare Gesù Bambino. In passato “u foegu du Bambin”, come veniva chiamato, bruciava fino all’Epifania. Ancora oggi a Vallebona, Airole, Castelvittorio il compito di trovare legna è affidato a ragazzi che “rubavano” legna alle cataste con la frase “Pe’ u foegu du Bambin!”.
Anche a Triora, a Carpasio, ad Andagna di solito veniva acceso un grosso falò nella piazza della chiesa, mentre a Badalucco si offriva, dopo la messa di Mezzanotte, il torrone preparato con due grosse tenaglie sul falò.
Nei borghi montani più legati alle tradizioni pastorali (Mendatica, Briga, Pigna e altri), si portava un agnellino durante la messa di mezzanotte; in braccio al pastore più anziano e infiocchettato con nastri rossi, accompagnava con i suoi belati la funzione religiosa.
In alcuni borghi liguri (Dolceacqua, Pieve di Teco, Pornassio e altri) uno strano personaggio, vestito di bianco, armato e con abiti sgargianti, chiamato “lambardan” era incaricato di vigilare sul corretto comportamento dei fedeli quella notte.