La storia del Festival di Sanremo

Divi, amarcord, starlette, rime facili, dischi, fiori e tormentoni. Ecco come il Festival di Sanremo è diventato parte della cultura italiana

Il Festival per antonomasia è ormai ben più di una manifestazione canora. Accompagnando da vicino la storia italiana, dal dopoguerra ad oggi, è diventato uno specchio della nostra società, parte della nostra cultura, della quale ci offre un po’ il riflesso.

Dal 1951 ad oggi il Festival di Sanremo è l’appuntamento fisso dell’inverno italiano, lo specchio pop che riflette la nostra società, la nostra cultura: grazie alla sua forma, instabile ma flessibile, in continua trasformazione, ha saputo cambiare e adeguarsi alla società e ai tempi, senza rinunciare alle immancabili reazioni e polemiche, ma senza fossilizzarsi e morire.

L’idea di una manifestazione canora sulla canzone italiana, dopo alcune esperienze simili negli anni ’30 e ‘40, venne ad Angelo Nicola Amato, direttore delle manifestazioni e delle pubbliche relazioni del Casinò di Sanremo e ad Angelo Nizza, conduttore radiofonico, mentre Pier Bussetti insieme a Giulio Razzi, misero a punto il regolamento del concorso: era nato il Festival della Canzone Italiana di Sanremo.
La prima edizione del Festival si tenne a Sanremo nel 1951, nel Teatro del Casinò (che la ospitò fino al 1976). Nella prima edizione tre interpreti si avvicendarono a cantare le 20 canzoni in gara: Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano. Vinse Grazie dei fiori, interpretata da Nilla Pizzi.

Se nel dopoguerra, canzoni come Grazie dei fiori e Vola colomba – con cui Nilla Pizzi vinse le prime due edizioni nel ’51 e ’52 – erano l’immagine dell’Italia che si stava rialzando, Non ho l’età di Gigliola Cinquetti (1964) o Zingara (1969) di Iva Zanicchi, descrivevano un paese che aveva reimparato a godersi la vita. Con Chi non lavora non fa l’amore, Adriano Celentano, nel 1971, raccontava di un boom ormai agli sgoccioli. Mentre Vita spericolata (1983) di Vasco Rossi o Donne (1985) di Zucchero – due canzoni che al Festival non brillarono – restituivano la più vivida immagine degli anni ’80.

La manifestazione si è svolta nel teatro del Casinò fino al 1976, successivamente si trasferì al Teatro Ariston, tranne nel 1990, in occasione della 40° edizione, in cui fu scelto il PalaFiori del nuovo Mercato dei Fiori in valle Armea, in frazione Bussana.

Le edizioni fino al 1954 furono trasmesse solo per radio, ma, ben presto la manifestazione divenne un evento televisivo trasmesso in Eurovisione da Raiuno. Tutto particolare, addirittura simbiotico, è il rapporto che il Festival ha sempre avuto con la televisione italiana. Una crescita parallela la loro, tanto da influenzarsi, compenetrarsi quasi l’uno nell’altra. Gli italiani, da popolo di santi, navigatori e poeti, sembrano oggi essere divenuti, oltre che allenatori della nazionale e ministri delle finanze, anche presentatori del Festival di Sanremo: memorabili le edizioni condotte da Pippo Baudo (tredici) o Mike Bongiorno (undici) di cui esiste una statua nel centro di Sanremo.

Dal 1984 (eccetto nel 2004), oltre alla categoria Big esistono le Nuove Proposte (o Giovani), dal 1982 esiste un premio della stampa, detto Premio della critica che, dal 1996 è dedicato a Mia Martini. Altri riconoscimenti e menzioni speciali vengono assegnati alle canzoni in gara come il Premio Volare per il miglior testo, musica ed arrangiamento, il premio alla carriera e il Premio di Regione Liguria.

Finora sono sei i cantanti che hanno vinto il Festival sia nella categoria Nuove proposte sia nella categoria Big: Eros Ramazzotti, Aleandro Baldi, Annalisa Minetti, Marco Masini, Arisa e Francesco Gabbani.

Annunci, slogan, proteste clamorose, grandi ospiti, vip, gossip: tutto contribuisce a creare l’atmosfera unica del Festival. Sanremo è conosciuta come “Città dei fiori e delle canzoni”: hotel, come il “Des Estrangers”, l'”Astoria”, il “Londra”, sono presi d’assalto dai fan e per le vie stesse di Sanremo o sul porto non è difficile incontrare i vip, partecipare a dirette televisive, tuffarsi nel reality. Insomma, godere dei propri cinque minuti di celebrità.