Le pietre, l’oro e Caravaggio: a caccia di frantoi nell’Imperiese

Attraversando l’entroterra di Imperia e più precisamente la Val Prino, penserai che solo la testardaggine dei Liguri poteva riprendersi quello che la natura ha da sempre concesso con parsimonia: la terra.

Ti chiederai chi siano gli eroi che, giorno dopo giorno, armandosi di pazienza, abbiano preso un mucchio di pietre e in esse abbiano saputo vedere un muretto a secco. Solo delle pazienti mani potevano scegliere, sistemare con cura ogni pietra e trasformare la mancanza di spazio in un alleato. Proprio da questi terrazzamenti, chiamati “fasce”, sono nati gli ulivi che da secoli fanno dell’imperiese la capitale dell’olio del Mediterraneo.

Sua maestà l’oliva taggiasca
In queste valli potrai vivere una magia che si svolge ogni autunno. I frutti dei piccoli ulivi saranno prima verdi e poi pian piano viola, per cadere infine nella tela del ragno. Il sole e il vento hanno un ruolo importante in questa caduta verso il basso, ma saranno gli uomini, che con le loro lunghe pertiche, convinceranno anche le olive più restie a lasciarsi avvolgere in questo lungo abbraccio. Dopo la loro caduta il processo è solo all’inizio, perché la vera magia apparirà ai tuoi occhi nel momento in cui entreranno nel frantoio per fondersi l’una con l’altra e insieme dare vita all’oro giallo di queste terre.

Risalendo la Val Prino, troverai un piccolo borgo fatto di silenzi, pietre, gatti, ulivi e scorci bellissimi, che si è sviluppato intorno ad una torre di avvistamento. Si chiama Praelo ed è un piccolo gioiello che conta 10 abitanti e che in estate arriva ad un massimo di 30. Tra le case del borgo è custodito un frantoio a “sangue” del Quattrocento, ovvero azionato da animali. Un’altra realtà di qualità che porta il nome di Raineri, la famiglia, originaria di Alba arrivata in Liguria per amore di questa terra e dei suoi uliveti, facendo dell’oliva taggiasca la regina indiscussa. Pierluigi Rinaldi ricorda commosso il suo amico, Conte di Pietralata, scomparso anni prima e ti spiegherà come, per continuare la tradizione, abbia deciso di prendere in affitto l’azienda agricola dei Gandolfi e i suoi ulivi.

Frantoio Boeri a Taggia
Frantoio Boeri a Taggia

In punta di piedi nella penombra del frantoio
Ti accoglieranno subito un manto di polvere antica, la fuliggine dei muri e le pesanti mole sormontate da ingranaggi in legno, in perfetto stato di conservazione. In quel momento cerca di immaginarle azionate dal sudore dei buoi o dei miti asini. E poi i fiscoli, doppi dischi di corda in fibra in cui veniva messo il prodotto della prima spremitura, pressati sotto il torchio mosso da mani d’uomo. E i neri calderoni in cui si separava l’acqua dall’olio, che saliva in superficie e che mani esperte raccoglievano grazie ad un piattino con manico. In quel momento cerca di immaginare le voci, gli odori e ti sembrerà di tornare indietro di secoli.

Nel momento in cui salirai di sopra, scopri la stanza dei contadini, ricavata nella ex torretta di avvistamento, con un inaspettato pozzo per l’approvvigionamento di acqua. Ebbene sì, tutto al primo piano, insieme ad un lavatoio in pietra con un decoro sul bordo. Tutto sembra così stretto ed essenziale guardato attraverso i nostri occhi moderni, ma così era.  Al piano terra e girati per un’ultima volta per avere la certezza di non dimenticare nulla di questa bellissima esperienza. Da una finestra filtra una luce che ha qualcosa di mistico, che ricorda i quadri del Caravaggio. E trapassa l’anima.