La via per il faro di Portofino è in levare. Si parte dalla famosa piazzetta, con i bar, i ristoranti, i VIP, le boutique e si va sul promontorio. Si sale sulla collina non senza un po’ di fiatone. Pian piano s’abbandona il superfluo, quel po’ di glamour sul porticciuolo, i castelli, le ville megagalattiche; si cammina per una crösa stretta e buia, immersa nella vegetazione con stupendi scorci sulle coste del Levante; si scelgono accuratamente bivi e crocevia da trascurare. Alla fine però il sentiero s’assottiglia e si resta soli: da una parte e dall’altra, il mare. Davanti, solo lui, il faro.
Il faro di Portofino è sulla punta estrema del promontorio omonimo. Ci s’arriva con una camminata di mezzoretta dal centro. Quando arrivo in Piazzetta, il Capitano di fregata Alessandro Cirami, Comandante del comando zona fari e segnalamento dell’alto Tirreno, mi aspetta per accompagnarmi a incontrare Paolo Bassigniani, il guardiano del faro di Portofino.
Sono già pronto all’ascesi, a raggiungere non senza un po’ fatica, uno dei posti più belli in Italia. Invece il Comandante s’incammina verso il porticciolo, tra pescatori che parlano d’anciöe e gatti che si leccano i baffi. Poi imbocca un tunnel:
– Questo è un segreto – mi dice – prendiamo l’ascensore.
Attraversiamo un tunnel scavato nel conglomerato del promontorio che porta ad un ascensore che sale direttamente a due passi dal faro. Ma non è per tutti: lo costruì Pirelli negli anni ’60 e oggi lo gestisce una società a cui partecipano anche Dolce&Gabbana.
Sono un po’ disorientato. Mi aspettavo un viaggio solitario, anacoretico. Invece ho trovato qualcosa di più simile a James Bond che a Robinson Crusoe.
Ciò però non toglie nulla all’ascesi: del resto Bassignani abita lì, dovrà pur uscire di casa ogni tanto.
In ascensore, il Comandante mi racconta del suo compito. Il Comando zona fari e segnalamento dell’alto Tirreno ha sede a La Spezia e gestisce i fari e un centinaio di segnalamenti marini dall’Argentario a Ventimiglia, compreso l’arcipelago toscano. I fari nella sua zona di competenza sono ben 26. I principali sono, in Liguria, Capo Verde a Sanremo, Capo Mele nei pressi di Andora, Portofino, la Lanterna di Genova – il faro più importante in Europa – e quello dell’isola del Tino, davanti a Portovenere. Gli altri sono in Toscana, a Livorno, ben 6 all’Isola d’Elba, all’Argentario, l’isola del Giglio, Giannutri. Nell’arcipelago toscano ogni isoletta ha il suo faro.
“I fari oggi sono tutti completamente automatizzati e quasi tutti telecontrollati: sul mio smartphone posso verificarne il funzionamento in ogni momento. Ma questo non significa che non sia utile il farista: alcune sono strutture antiche, continuamente soggette alle intemperie, la manutenzione è continua, vento, acqua, sale sono una minaccia costante. Un faro lasciato in stato di abbandono crollerebbe in poco”.
Ecco, un altro mio mito vacilla: il guardiano del faro è un computer? Non è così dappertutto, ma la tecnologia ha cambiato il mondo anche qui: il numero dei faristi è molto inferiore ad un tempo:
“A Portofino c’erano due faristi, ora ne è rimasto uno solo. La Lanterna di Genova ne aveva cinque, a Livorno addirittura undici persone si occupavano del faro, ma ora anche l’ultimo è andato in pensione. Vorremmo assumerne qualcuno nuovo, ma non è facile.
I faristi sono personale civile dalla difesa che dopo essersi specializzati come assistente tecnico nautico effettuano un corso a La Spezia al Maritecnofari. Purtroppo c’è stato poco ricambio negli ultimi anni. Paolo Bassignani il farista di Portofino, ha 62 anni, ed è uno dei più giovani”.
“I primi faristi erano monaci eremiti che vivevano sulle isole e accendendo il fuoco su una torre per dare un riferimento nella notte a chi navigava – continua Cirami – I marinai e i pescatori li ringraziavano lasciando loro qualcosa da mangiare. Venerio visse in eremitaggio sull’isola del Tino fino alla morte, nel 630. Ancora oggi lo si ricorda il 13 settembre, quando si può visitare l’isola davanti a Portovenere. La Lanterna di Genova è poi il faro più antico e imponente del mondo ancora in attività”.
Sarà arrivata la tecnologia, il wi-fi, le fibre ottiche, tuttavia per un farista le cose non devono essere cambiate molto dai tempi di San Venerio. Quando arriviamo al faro, il mondo è già letteralmente alle spalle. Qui si è soli con il mare. Abbiamo davanti un edificio bianchissimo, il sole ci gioca, il mare lo reclama, fa caldo. Qualcuno ne ha approfittato e ha piantato dei limoni in una fascia sottostante. Ottima idea: dalle piante pendono pomi gialli grossi come palloni.
Quindi lei abita qui, siamo a casa sua…
“Si, io vivo qui”.
La casa di Paolo Bassignani è letteralmente dentro il faro. Quando dico “dentro” dico che è nello stesso edificio, non come in alcuni fari in Europa in cui il faro e la casa del guardiano sono separate. Fu una decisione del Regno d’Italia: costruire fari adatti ad essere abitati e permettere ai faristi di portarvi comodamente la famiglia. L’appartamento del faro di Portofino è quanto di più semplice: sarà 60 metri quadrati, 5 stanze più un ripostiglio. Ma immagino che qualsiasi agente immobiliare vorrebbe averlo nel suo carnet: di otto finestre non c’è una che non sia vista mare.
Bassignani rientra perfettamente nell’identikit del farista: è single, taciturno, ama la solitudine e il mare, passa giornate da solo nel suo faro ed ha competenze tecniche di ogni tipo, dal muratore, all’elettricista al tecnico di navigazione. Ma non è un eremita, anche se in Liguria, probabilmente, nessuno lo supera per il numero di ore passate con sé stesso.
“In realtà, la solitudine io non so che cosa sia – dice, aprendosi un po’ – chi ha problemi di solitudine si sente solo anche su un bus gremito o in metropolitana. Non è un problema di dove sei, ma di come sei. Quando ho scelto di venire qui non me lo sono chiesto”.
Del resto, se volesse proprio socializzare, basterebbe fare un salto al bar. Si, proprio sotto il Faro di Portofino c’è un bar con una vista mozzafiato. Lo aprì il farista precedente, d’estate è uno dei luoghi più belli dove prendere l’aperitivo in Liguria.
Com’è la sua giornata tipo?
“La mattina faccio un giro per controllare che tutto sia in ordine nel segnalamento e che tutte le apparecchiature siano tornate nella posizione iniziale e il sistema si sia resettato. Poi passo alla pulizia della lanterna, vetri, ottica e interni. Successivamente cominciano i lavori di manutenzione ordinaria: siamo in mezzo al mare, c’è sempre un tratto d’intonaco da rifare, un po’ di ruggine da carteggiare, un’infiltrazione da chiudere, una ringhiera da verniciare. Mille piccoli interventi necessari anche perché questo è un faro del 1911, ha più di cento anni e ha bisogno di manutenzione continua per essere mantenuto efficiente”.
Parlando del “suo” faro Bassignani si apre. Si capisce che ha con esso un rapporto strettissimo, una cura, non solo un lavoro. E poi vive qui, lavora qui, qui riceve i suoi amici. Ha ormai con il faro una vera simbiosi, come se uno non potesse stare senza l’altro.
“Questo non è un lavoro che puoi fare scollegandolo dalla sua sede, vivi immerso in questa realtà e questo diventa il tuo ambiente, ami prendertene cura, non ci sono orari né straordinari e alla sera sei già a casa”.
Viene da pensare che Bassignani abbia inventato lo smart working perfetto.
In realtà, come ogni eremita che si rispetti, Bassignani si è organizzato bene. Apre il frigorifero: un vecchio, bellissimo, Indesit anni ’50. Per un attimo temo che dentro, ci siano gamberetti e flute di Prosecco, del resto siamo sempre a Portofino…
Invece c’è uno stereo. Il farista pigia sui tasti del display come se rispondesse ad un S.O.S. in codice morse al telegrafo. La musica parte, acustica studiata, bassi e treble perfetti. È Franco Battiato: il faro di Portofino diventa un’astronave.
“Ascolto un po’ di tutto – mi dice – Sono un gran curioso, non c’è un genere che prediligo, mi piace tutto: ho album di jazz, di blues e di cantautori italiani. Sono dischi che ho con me da sempre, quando sono venuto ad abitare qui li ho portati con me, sono la colonna sonora della mia vita. Quando non lavoro ascolto musica o leggo, mi piacciono soprattutto i thriller”.
E il mare? Com’è il suo rapporto con il mare?
“In mare non c’è un giorno uguale ad un altro. Ci sono giornate di sole, senza vento in cui il mare è calmo e placido e regna la pace, altre in cui è agitato – e forse sono ancora più belle – in cui rivela tutta la sua forza. È un po’ come essere sulla plancia di una nave, non si può fare a meno di vedere il mare. E poi la luce. Preferisco quella invernale e autunnale, è più calda e dolce; d’estate è troppo violenta, come il mare mosso arriva ovunque, non lascia scampo”.
C’è stato un momento in cui il mare l’ha spaventata, in cui ha davvero avuto paura del mare?
La notte del 29 ottobre 2018, quando anche sul faro si abbatté la terribile tempesta che fece molti danni a Portofino e nel Golfo del Tigullio. Fu una nottata difficile. Il mare sfondò la porta di casa ed entrò più volte nell’appartamento. Subito cercai di rimediare ai danni, ma alle 23.30 un’ondata abbatté una tramezza e dovetti ritirarmi per la mia sicurezza. Nessuno in paese, nemmeno i più vecchi, ricorda un evento del genere, con ondate di più di 40 m, che superarono il faro in altezza. Conservo ancora un sasso scaraventato dalla violenza delle onde che ammaccò la calotta della cupola del faro. I danni furono ingenti. Un altro problema poi sono i fulmini. Il campo magnetico del fulmine brucia immediatamente l’elettronica del sistema. Sul Mar Ligure se ne scaricano una quantità impressionante e la stessa Lanterna ha subito gravi danni recentemente”.
Sui fulmini, il Comandante Cirami mi racconta di una sperimentazione, proprio a Genova che, prima in Europa, utilizzerebbe per la Lanterna le fibre ottiche per portare la luce in cima alla torre e mettere l’elettronica al sicuro dai fulmini all’interno del faro.
“Come fai a sentirti solo qui? La sera, nelle belle giornate, mi arriva la luce del faro del Tino. Io ricambio il saluto da Portofino. Il mare è un compagno incredibile, non è mai uguale a sé stesso. A volte ho visto passare i delfini…”. Paolo Bassignani
Come funziona un faro?
“Il faro è costituito da due apparecchiature fondamentali: una è lo scambiatore, che si trova dentro il tamburo diottrico (la lanterna in sostanza) e l’altro è il quadro di controllo che è all’interno del faro. Quando la luce del giorno tende ad attenuarsi, il sistema accende una prima una lampada di riserva che prova il sistema per circa 10 minuti, poi passa alla lampada principale e ruota in modo automatico per tutta la notte. Questo faro ha un tamburo su 360°, con una lente particolare chiamata di Fresnel che concentra la luce nella fascia centrale per dirigere più lontano il fascio luminoso, fino a 17 – 18 miglia. Emette luce con periodo 1 – 4, cioè un lampo di un secondo seguito da 4 di buio. La mattina quando la luminosità torna quella del giorno, il faro si spegne e l’ottica ritorna in posizione”.
Sembra tutto automatizzato, ma il contributo dell’uomo è fondamentale, un’avaria può costare caro a chi è in mare: “Io controllo eventuali avarie. A volte si bruciano le lampade, succede spesso, quelle a lampeggio lungo durano di più, ma dopo qualche mese bisogna cambiarle. Usiamo una normale alogena da 1000 W e una lampada di riserva specifica per fari, ma ci sono sperimentazioni ai gas metallici con durate superiori e consumi ridotti. I led invece non possono essere utilizzati perché, per la lente di Fresnel, la luce deve essere puntiforme e realizzarla con i led risulterebbe difficoltoso”.
Poi Bassignani apre un altro sportello nascosto: è un canale che corre per tutta l’altezza del faro.
“Qui un tempo passavano i cavi del contrappeso. Una volta la lampada del faro girava con un sistema di contrappesi e il farista ogni sera doveva ricaricarli come un carillon…”.
“Quando la luce del giorno tende ad attenuarsi, il faro si accende ed emette un fascio luminoso fino a 17 – 18 miglia con periodo 1 – 4, cioè un lampo di un secondo seguito da 4 di buio. La mattina appena la luminosità torna quella del giorno, il faro si spegne e l’ottica ritorna in posizione. Io salgo a controllare eventuali avarie”. Paolo Bassignani, farista
“Nella tempesta del 2018 un sasso scaraventato dalla violenza delle onde ammaccò la calotta della lanterna del faro…”
“Il farista perfetto è una persona che certamente ama la solitudine e il mare, ma è anche muratore, imbianchino, elettricista e tecnico marittimo. È un po’ il capitano di una nave in cui l’equipaggio è un uomo solo”. Alessandro Cirami, Comandante del comando zona fari e segnalamento dell’alto Tirreno
In anni di esperienza, Bassignani e il Comandante Cirami hanno visto moltissimi fari. Come tutti gli uomini di mare hanno il dono innato della narrazione:
“Quando si parte per ispezionare un faro meglio portarsi dietro ogni attrezzo, non sai mai quello che puoi trovare… noi abbiamo fari in posizioni incredibili, come quello sullo Scoglio d’Africa, davanti all’Isola di Montecristo, completamente in mezzo al mare, su cui si abbattono onde enormi, per raggiungerlo a volte dobbiamo usare l’elicottero. Oppure quello della Meloria sud: per un anno intero non ci ha dato problemi, così nessuno è più andato a controllarlo. Quando poi si spense in tre non riuscivamo ad aprire la porta a causa della salsedine…”.
Il faro più carismatico resta però la Lanterna di Genova…
“Non esiste in Liguria un faro più alto della Lanterna. Un tempo per legge, nessuno poteva superare i suoi 117 metri, così quello del Tino la eguaglia semplicemente, senza superarla. All’inizio il faro del Tino aveva un gruppo elettrogeno a vapore che superava in potenza la Lanterna, ma poi fu ridotto, anche per questioni di rispetto.”
Si starebbe ore ad ascoltarli raccontare, come a guardare la luce del faro: 1 secondo di luce. 4 di buio. 1 secondo di luce. 4 di buio.
Un secondo che può significare una vita per chi naviga in quel mare scuro che si muove anche di notte e non sta fermo mai.