Fabrizio De André, la voce di Genova
Fabrizio De André è Genova o Genova è Fabrizio De André. La sua voce sembra scolpita nelle pietre dei vicoli di Genova e ci racconta la Liguria. Il ricordo a 25 anni dalla morte
Fabrizio De André è nato a Genova il 18 febbraio 1940 ed è scomparso Milano, l’11 gennaio 1999.
Può un cantautore rappresentare un territorio? Esiste una città che suona come una canzone? Ma un cantautore è un poeta?
Se ha senso porsi queste domande, la vita e l’opera di Fabrizio De André ne sono la risposta. Con circa quarant’anni di carriera, quattordici album più singoli e varie antologie, scrivendo canzoni e melodie che sono entrate nel cuore di tutti, Fabrizio De André – Faber – per gli amici, ha un posto di diritto nella tradizione letteraria italiana. La cura estrema che ha sempre dedicato al testo e l’accuratezza delle rime e degli accordi ne fanno uno dei più grandi poeti del ‘900 italiano.
Parlare di Fabrizio De André per noi è come parlare della Liguria: rischieremmo di non concludere mai l’argomento, di consumare tutta la batteria del tuo smartphone. Così abbiamo deciso di concentrarci in pochi concetti chiave tratti dalle sue canzoni, lasciandoti il piacere di approfondire tu stesso la sua conoscenza con la sua musica.
La biografia
Fabrizio De André nasce nel quartiere genovese di Pegli, in via De Nicolay 12 da Giuseppe De André amministratore delegato amministratore delegato e presidente degli zuccherifici Eridania, Luigia (Luisa) Amerio, di famiglia benestante, figlia di produttori vitivinicoli. Gli anni della sua formazione genovese sono quelli del secondo dopoguerra in cui incontra persone che gli resteranno amici per la vita come Paolo Villaggio con cui scrisse anche alcune canzoni. Finito il liceo classico e iscrittosi a giurisprudenza per volere del padre, abbandonerà gli studi per condurre le attività più strane e dedicarsi alla musica. Nel 1960 scrive la sua prima canzone La ballata del Miché, influenzata dal cantautorato francese e nel 1961 pubblica il suo primo 45 giri. Il grande successo arriva nel 1964 con La canzone di Marinella e con l’interpretazione che tre anni dopo ne farà Mina. Da allora la sua grande carriera è avviata con album tutti di grande qualità da Tutti morimmo a stento (1968) a La buona novella (1970), ispirato ai Vangeli apocrifi, Non al denaro non all’amore né al cielo (1971) sull’Antologia di Spoon River di E.L. Masters. Nel 1973 esce Storia di un impiegato concept album dalla forte connotazione politica, nel 1974 Canzoni, nel 1975 Volume 8 uno dei suoi album più folk scritto con Francesco De Gregori e nel 1978, Rimini con cui si avvicina al folk americano e al pop.
Nel 1979 De André è oggetto di un fatto di cronaca che lascerà una scia nella sua vita e nel suo pensiero: il rapimento con la compagna Dori Ghezzi in Sardegna: verranno rilasciati dopo quattro mesi dietro pagamento di un riscatto. Nel 1981 pubblica L’indiano, in cui si concentra su un parallelismo tra gli Indiani d’America e il popolo sardo. Gli ultimi album, Creuza de mä (1984), Le nuvole (1990) e Anime salve (1996), rivoluzionano letteralmente la canzone d’autore e la musica italiana, consegnandoci un’eredità importante cui ancora oggi ci si riferisce profondamente.
Sono numerosi i premi e i riconoscimenti che ha ricevuto De André, tra cui ben sei Targhe e un Premio Tenco e il Premio Lunezia nel 1997. Insieme a Bruno Lauzi, Gino Paoli, Umberto Bindi e Luigi Tenco è considerato uno degli esponenti della scuola genovese, un nucleo di artisti che ha rinnovato profondamente la musica leggera italiana.
De André muore l’11 gennaio 1999 all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Creuza de mä
Se esiste un inno della Liguritudine, forse questo è proprio Creuza de mä di Fabrizio De André.
Già in principio con l’intenso assolo di gaida macedone (un tipo cornamusa) ogni ligure abbozza sul volto la cosa di più simile che ha ad un sorriso d’orgoglio; un genovese, se non è probabilmente va già in lacrime, piangerà come un bambino al minuto esatto, quando parte “Umbre de muri muri de mainé/dunde ne vegnì duve l’è ch’ané”. C’è davvero tutta la Liguria in questa canzone, quella del passato, di oggi e del futuro: un porto di mare pieno di gente che va e che viene; il lavoro, la fatica della gente del mare; il mugugno, la resistenza alle avversità, lo stringersi tra poche facce familiari che sanno di buono; la malasorte da annegare nel vino e nella cucina in osteria. E un destino da riscrivere ogni giorno percorrendo una Creuza de mä, una ripida mulattiera di mare.
Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi
Genova e i suoi vicoli, i famosi caruggi. Nessuno come Fabrizio De André ha saputo descriverne la vita pulsante, i colori, i sapori e le contraddizioni. Appena farai un giro per Genova, ti renderai subito conto che accanto ai soffitti affrescati e le magnifiche facciate dei sontuosi Palazzi dei Rolli – Patrimonio Unesco, spesso dirimpetto, o sul retro, a pochi metri, c’è tutta un’altra Genova fatta di poveracci, immigrati e prostitute, un mondo opaco in cui si conducono esistenze non meno nobili e degne di essere raccontate, che De André ha cantato nelle sue canzoni. E non c’è un confine tra i due mondi, a Genova convivono perfettamente, c’è tra loro un travaso continuo: vecchi professori, pensionati alcolizzati, portuali, commercianti, operai, ladri, giudici, direttori di banca e borghesotti. Il segreto dei vicoli è non giudicare nessuno ma considerarsi tutti figli e vittime di questo mondo. Ecco un itinerario dei luoghi che hanno ispirato Fabrizio De André.
Il suonatore Jones
In questo personaggio tratto dall’album Non al denaro, non all’amore né al cielo, del 1971 (ispirato dell’Antologia di Spoon River, di Edgar Lee Masters) c’è l’eredità, il destino e la condanna di un grande musicista: se sai suonare, e la gente lo sa che sei bravo, ti toccherà farlo per tutta la vita. De André conosceva bene il compito che la vita gli aveva assegnato e lo ha onorato creando alcune delle più belle melodie della musica italiana e internazionale. Dalla struggente Canzone di Marinella, al ritmo incalzante di Bocca di rosa allo scioglilingua genovese di Dolcenera al napoletano di Don Raffaè. Partendo dallo stile dei grandi chansonniers francesi, Fabrizio De Andrè ha elaborato una impronta vocale e uno stile poetico tutto suo e ha saputo unire tra loro i suoni del mediterraneo, con un’attenzione unica al dialetto genovese e ad altri idiomi locali, avvalendosi della collaborazione di grandi musicisti come Mauro Pagani, Ivano Fossati, Massimo Bubola o Nicola Piovani. L’album Creuza de mä, del 1984, completamente in lingua genovese, è considerato di fatto una pietra angolare della world music e della musica etnica per l’utilizzo e la fusione di strumenti, vocali, parole e suoni dell’intero specchio del Mediterraneo.
Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti
Libertario, antimilitarista, pacifista. Nella musica di Fabrizio De André troverai la voce di chi si muove sempre “in direzione ostinata e contraria“ e non si allinea con lo status quo per non partecipare al ballo mascherato della modernità, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli, siano essi ubriaconi, ladri o prostitute dei vicoli, Indiani d’America, impiegati pieni di rabbia o studenti del Sessantotto francese. Se Canzone del Maggio è un tributo agli avvenimenti del 1968, La guerra di Piero è la denuncia dell’assurdità di ogni conflitto che mette due uomini uguali da parti opposte, Testamento di Tito e Il Blasfemo si schierano contro una chiesa che non ascolta gli ultimi o Don Raffaé insiste apertamente del problema della mafia e della camorra.
Dormi sepolto in un campo di grano
Ai funerali di Fabrizio De André, nella Basilica di Santa Maria Assunta di Carignano a Genova il 13 gennaio 1999, hanno partecipato più diecimila persone e sono tuttora uno degli eventi più presenti nella memoria dei genovesi. Le ceneri di De André sono state disperse nel Mar Ligure ma il suo nome è riportato anche nella tomba di famiglia al Cimitero Monumentale di Staglieno, accanto alla madre, al padre e al fratello.
Se vuoi conoscere meglio Fabrizio De André e trovare racconti, ascoltare le sue canzoni e vedere i suoi ricordi, visita a Genova http://www.viadelcampo29rosso.com il museo dedicato a lui e alla scuola genovese dei cantautori