L’indimenticabile vacanza di Albert Einstein
Nel 1895 il futuro Premio Nobel giunse a Genova e soggiornò in casa dello zio in piazza delle Oche. Aveva 16 anni.
Senza abbandonare l’amato Kant, impacchettati compasso e violino, Albert Einstein lasciò Monaco per raggiungere la sua famiglia a Pavia. Era la primavera del 1895. Tanto era cresciuta la nostalgia dei suoi che un medico gli aveva diagnosticato un grave esaurimento nervoso, mettendolo anche per iscritto. Il padre Herman, dopo un paio di fallimenti, si era trasferito in Italia l’anno prima in cerca di fortuna. E non avendola trovata a Milano, si era sistemato nella bella casa che fu di Ugo Foscolo, a Pavia, mettendo sulla porta la targa “Einstein, Garrone e Co”. Herman non prese molto bene la fuga da Monaco, ma Albert che aveva appena sedici anni promise di studiare per sei mesi da solo e a ottobre di presentarsi all’esame di ammissione al Politecnico di Zurigo. A ottobre invece fu bocciato.
Ma cosa aveva combinato in quei mesi il futuro Nobel Einstein? Aveva curato l’esaurimento nervoso e fatto il turista. Aveva camminato. A piedi, da Pavia a Genova dove aveva raggiunto la casa dello zio materno Jacob Koch che aveva affari nella Superba. A Einstein la gita era piaciuta molto, tanto che cinquant’anni più tardi osservava che mai nella sua vita era stato tanto libero e felice. Il giovane giunse a Genova, a piedi da Voghera, dopo aver attraversato l’Appennino. Lo zio materno, Jacob Koch, mercante di grano all’ingrosso, aveva lo scagno in piazza delle Oche. Sul soggiorno del giovane Albert in Italia, e a Genova in particolare, i suoi biografi non si sono particolarmente impegnati. L’itinerario seguito dal giovane Albert, si sarebbe snodato per Bobbio e la Val Trebbia, seguendo strade provinciali o nazionali, verso Ottone, Torriglia e Genova, raggiunta dopo qualche giorno di marcia. In piazza delle Oche risiedeva Jacob Koch, fratello della madre, che forse aveva dato una mano al padre di Albert quando era fallito a Monaco.
Non sappiamo che impressione abbia fatto il centro storico al giovane Einstein e in particolare la piccola piazza che a quei tempi era sede del rumoroso commercio delle oche. Certo è che, in una lettera scritta molti anni dopo a Ernestina Marangoni, il grande fisico ricordava in un italiano incerto: “I mesi felici del mio soggiorno in Italia sono le più belle ricordanze”. Di certo la piazza è ancora lì, pronta per una foto ricordo per il turista più attento e naturalmente geniale.